Quando qualcosa fa discutere tanto, inevitabilmente attorno ad essa si creano leggende metropolitane, credenze popolari, discussione da bar e disinformazione che le sfrutta tutte quante.
Si parla spesso di FAP, di AdBlue, di DPF senza sapere esattamente cosa siano e siccome l’informazione corretta, disinteressata ma “fatta facile” è difficile da reperire, abbiamo deciso di provarci noi, grazie alla consulenza tecnico-scientifica di Mauro Conte, rispondendo ad alcune domande che, giustamente, si pongono in molti.
- perché le auto contemporanee “consumano di più e vanno meno”?
- “Defappare” mi fa guadagnare cavalli?
Vorremmo cercare di evitare i “pipponi” ma è necessario fare un piccolo passo indietro per completezza di informazione e capire insieme cosa e quali sono i filtri antiparticolato e come funzionano. Se volete direttamente le risposte che cercate quindi saltate tutto ed andate in fondo all’articolo ma, anche per banali ragioni di conflitto d’interesse di chi scrive, il consiglio è di approfondire per capire meglio.
Due parole sui motori diesel moderni.
Mentre i turbodiesel più vecchi ottimizzavano consumi e prestazioni con risultati stupefacenti (i vecchi TDI Volkswagen o JTD Fiat hanno fatto innamorare del gasolio tutta Europa), nei diesel di nuova generazione, ad essere ottimizzata è la combustione. Una combustione migliore, più completa, inquina meno, emette meno particolato, meno ossidi d’azoto ed aiuta a rientrare nelle normative antinquinamento.
Essendo il diesel un motore che lavora con miscele magre e quindi piuttosto “a freddo”, per bruciare meglio è necessaria una temperatura maggiore che i ricercatori e gli ingegneri hanno ottenuto attraverso pre-iniezioni di carburante “prima”, quindi, di quella (nel grafico sotto “principale”) che serve a creare la combustione vitale per il motore.

Il risultato era soddisfacente ma a fine anni ‘90 si è cominciato a portare all’attenzione il fatto che la combustione del carburante rimaneva incompleta e il particolato veniva espulso dal sistema di scarico. Così si è arrivati all’esigenza di trovare un modo per trattenerle e bruciarle.
Ecco perché i Filtri Antiparticolato.
La filosofia che sta alla base dei filtri è come abbiamo visto, quella del “completare la combustione”.
Una combustione perfetta, infatti, genererebbe semplicemente anidride carbonica esattamente come i nostri polmoni. Non essendo possibile bruciare completamente la “droplet” (termine di moda) di idrocarburo nel cilindro, i minuscoli residui di particolato (pochi micromètri ed un micrometro – µm – è un millesimo di millimetro) vengono sparati fuori con il gas di scarico; le famigerate “polveri sottili”, pericolosissime per la salute perché capaci di raggiungere gli alveoli polmonari e legarsi alle cellule.
Per salvarci i polmoni i filtri antiparticolato trattengono le polveri per poi “bruciarle” successivamente durante le famigerate rigenerazioni.
I motori diesel però non funzionando con le dosature stechiometriche degli omologhi a benzina ma lavorando (ai bassi carichi) con miscele molto magre (parte dei motivi per i quali sono così tanto efficienti) producono scarichi freddi.
Per “rigenerare” (ovvero fare avvenire questa reazione chimica che lega la micropolvere all’ossigeno trasformandola in CO2) però, è necessario “scaldare” i gas di scarico. Per raggiungere le temperature necessarie alla rigenerazione i moderni diesel utilizzano delle piccole “post iniezioni” dopo il punto morto superiore che rendono la miscela grassa. Le goccioline di carburante a contatto con gli scarichi caldi nei collettori si incendieranno portando i gas di scarico alle temperature necessarie alla rigenerazione (450-650 gradi).
IL FAP
innanzitutto sfatiamo un mito. Il FAP non è il DPF.
Il francese e l’italiano condividono il 90% del lessico e come spesso accade un po’ in tutti i campi, gli acronimi transalpini sono applicabili anche per la nostra lingua. FAP è uno di questi e deriva dal francese “Filtre à Particule Peugeot” ed è riferito nello specifico al filtro antiparticolato per il motore diesel che fu montato per la prima volta sulla Peugeot 607 nei primi anni 2000.
Per trattenere le particelle di PM10, sfrutta l’ossido di cerio (CeO2) chiamato anche carina, una sostanza che abbassa la temperatura necessaria per far avvenire la combustione del particolato rimasto intrappolato nel filtro.
Il FAP ha quindi bisogno di un additivo per funzionare. Brucia il particolato rimanente ad una temperatura di circa 450°C.
Lo svantaggio è che il FAP a circa 80 mila km va rifornito di cerina (commercialmente nota come Eolys) e che l’ossido di cerio viene diffuso nell’aria dal filtro sotto forma di nanoparticella, risultando potenzialmente pericoloso per la salute. Il vantaggio è che il FAP genera minor contropressione.
IL DPF
È più semplice. Funziona – almeno in origine – senza additivi perché la temperatura dei gas di scarico viene innalzata fino a 650°C attraverso le post iniezioni che generano poi nei collettori e nei catalizzatori delle post combustioni sufficienti a bruciare le particelle accumulate nei filtri. Il sistema è più semplice ma richiedendo più post-iniezioni, brucia più olio, leggermente più carburante e genera più contropressione.
Gli Ossidi di Azoto e l’AdBlue
Filtri antiparticolato e catalizzatori però, trattano gli idrocarburi incombusti ma non gli ossidi di azoto (NOx) dannosissimi anche loro per la salute. Per l’abbattimento di questi ultimi, si ricorre alla stessa filosofia delle micropolveri. Una reazione chimica che le trasformi in gas inerti.
La reazione chimica si ottiene iniettando il famigerato AdBlue, nome commerciale di una miscela di acqua (67,5%) e urea (32,5%) all’interno di un catalizzatore chiamato SCR (Selective Catalytic Reduction). L’iniezione, a contatto con i gas di scarico ad alta temperatura, trasforma l’urea in ammoniaca (NH3), che trasforma gli ossidi d’azoto principalmente in vapore acqueo e azoto, gas totalmente inerti.
“Defappare” mi fa guadagnare cavalli?
No! A prescindere dal fatto che è illegale, solo rimuovere il filtro non vi farà diventare un moderno diesel un vecchio TDI o JTD. Non ne trarrete nessun beneficio per l’utilizzo in strada perché come abbiamo accennato sopra e vedremo nel dettaglio nel prossimo paragrafo, è il motore ad essere concepito in maniera diversa.
Togliere il FAP/DPF senza andare a lavorare sulla centralina addirittura potrebbe portare ad una perdita di coppia ai bassi regimi perché il motore è stato concepito per avere quella contropressione e lavorare in funzione del post-trattamento dei gas.
Se si elimina Valvola EGR che serve a rimandare parte del gas di scarico nel cilindro che, essendo esausto, non serve alla combustione invece? Stesso discorso!
Nella progettazione del motore si è tenuto conto del ricircolo dei gas esausti e, se vengono a mancare, cambia il rapporto aria-combustibile e si ha una combustione peggiore, Abbiamo visto che nei diesel moderni ci sono delle pre-iniezioni che servono a portare il cilindro ad una temperatura ideale ad una migliore combustione e, conseguentemente, più coppia che è proprio ciò che piace dei motori a gasolio. Inoltre la centralina non rivista continuerà a comportarsi per come è stata concepita, iniettando quindi più combustibile, peggiorando le prestazioni (chi ha guidato auto a carburatore sa che se la carburazione non è ottimale la miscela è troppo grassa, il motore “soffoca”) e non migliorando i consumi.
Diverso è, ovviamente, “defappare” per una preparazione sportiva per la pista ed, in un contesto simile, neppure illegale. Se si vuole preparare l’auto per il track day, lavorando in maniera professionale su centralina, EGR, filtri, freni, alleggerimenti, “defappare” è uno step necessario ma, ripetiamo, nell’ottica di una preparazione completa, professionale, onerosa e totalmente legale.
Ma allora perché i nuovi diesel consumano di più?
Perché è cambiato il paradigma.
Prima nella progettazione di un motore si cercava di eccellere nel massimo contenimento dei consumi e nelle prestazioni rendendoli efficienti ed efficaci, oggi si volge lo sguardo verso aspetti ambientali e sanitari (PM10 e NOx sono pericolosi).
Il JTD sull’Alfa 156 con i suoi consumi bassi e le sue prestazioni quasi da benzina, fu il sasso nello stagno che cambiò totalmente l’immagine delle auto a gasolio ma con l’avanzare delle normative antinquinamento è diventato vitale andare a ricercare l’”efficienza ambientale” spostando l’attenzione dall’”andare forte” alla qualità della combustione.
Rimanendo in Italia arriva il Multijet che attraverso delle pre-iniezioni di gasolio (prima quindi del famoso “anticipo” che serve per avere il peak pressure point tra i 15 e i 25 gradi dopo il punto morto superiore e del quale abbiamo parlato in un video) “scalda” il cilindro per cercare di avere una combustione più completa.
Non basta, il particolato viene emesso comunque e, se trattenuto, intasa il filtro. Bisogna incenerirlo ma, come abbiamo visto, per farlo serve un gas di scarico più caldo che si ottiene attraverso delle post-accensioni.
Pre-accensione, combustione, post accensione. È il paradigma di cui sopra. Serve energia per tutto questo e si è arrivati al paradosso del “consumare di più per inquinare di meno”.
Esigenze progettuali inconciliabili con quelle del mercato che chiede ancora prestazioni alte e consumi bassi. Tutte pressioni che hanno spinto le case costruttrici all’angolo cercando soluzioni sempre più di compromesso che alla lunga sono sfociate nel DIESELGATE, cambiando per sempre il corso della storia dell’automobile.
Volevamo auto sempre più scattanti e pronte, le volevamo che consumavano meno e che non inquinassero e a richieste impossibili ci sono solo soluzioni inesistenti.
Inevitabile quindi la svolta elettrica che però non deve per forza essere letta in chiave dicotomica. Se interpretato nel modo giusto, l’”anno che verrà” potrà tranquillamente far convivere il “mezzo di trasporto” per muoversi nello spazio e nel tempo (grazie alla guida autonoma in alcune circostanze il tempo si potrà sfruttarlo per fare altro) in maniera sicura ed ecologica (almeno localmente) e il mezzo da appassionato, magari d’epoca, che circolando in numero molto più ridotto preoccuperà meno scienziati ed istituzioni restituendoci più libertà nel guidare serenamente un Bialbero o un V8 sovralimentato emozionandoci ancora con il loro suono per molti molti anni.
Un ringraziamento speciale va a Mauro ( designer della Montreal che pubblicammo tempo fa) che con la sua consulenza paziente e meticolosa ha permesso la realizzazione di questo approfondimento.
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