Sono provincia in Alessandria e sono a bordo di una Alfa Romeo Alfetta. Attraversando le campagne piemontesi, tra un casolare mai ristrutturato e qualche fattoria in fermento, mi lascio accompagnare dal suono di un 4 cilindri che sa, come pochi, comunicare le sue intenzioni. Fa caldo, forse troppo, e l’abitacolo dell’Alfetta senza climatizzatore non fa sconti.
I finestrini aperti però ci permettono di cogliere a pieno gli odori primaverili e i suoni di ciò che ci circonda. Oddio, i suoni non proprio. Perché tutto è surclassato dal motore Alfa Romeo e da uno scarico leggermente sportivo che tra scoppietti e note cupe domina la scena.
Per chilometri non incontriamo nessuno, ed è difficile a questo punto distinguere la realtà dall’immaginazione. Siamo ancora nel 2023, o la leggendaria Alfetta ci ha riportato negli anni “70? Lei d’altro canto di perdere fascino, grinta e comodità non vuole proprio saperne. Ma siamo ai giorni nostri, ed è decisamente un bene, perché circa cinquanta anni fa, vedere un’Alfetta di corsa non era di buon auspicio.
Fascino d’altri tempi per l’Alfetta
Nel video infatti il buon Andrea (che ringraziamo per questo regalo) citerà alcuni momenti storici in cui l’Alfetta, suo malgrado, ha vissuto in prima linea la lotta tra il bene e il male. Lo so, è strano avere pensieri del genere, che portano indietro nel tempo fino agli “anni di piombo”, eppure questo è l’ambiente della nostra Alfetta, che a dirla tutta, ha anche una storia interessante. Infatti, l’esemplare di Alfa Romeo in prova, è lo stesso che si vede nel film su Vallanzasca; insomma proprio lei ha avuto un ruolo chiave, ed è facile capire il perché.
Vestita di uno splendido blu olandese (lo stesso che vestono anche le auto dei Carabinieri), la bella Alfetta con i suoi 4 occhioni proprio non sfigura. È in ottime condizioni, in forma oggi tanto quanto lo era nel 1978 quando è stata immatricolata per la prima volta. L’interno blu non sembra aver patito il peso degli anni e anzi, con questa colorazione sgargiante è davvero molto molto affascinante.
Il motore Alfa Romeo è puro godimento
Sotto il cofano scalpita un poderoso 1.8 da circa 122 cv, che scarica rabbia e cavalli al posteriore. È sempre pronto, determinato e vivace. Non male per una anziana signora come l’Alfetta. Il cambio manuale non è precisissimo, ne tantomeno di grande velocità. Il suo posizionamento al posteriore ha un ruolo chiave sulla distribuzione dei pesi, ma gli alfisti non lo hanno mai gradito: troppo contrastato e lento rispetto ai cambi Alfa del passato.
Nel nostro tour piemontese l’Alfetta si è rivelata incredibilmente comoda. La sua “notevole” altezza da terra le permette di affrontare sempre con una certa disinvoltura anche le dissestate strade di campagna. Le sospensioni infatti non sono rigide come si potrebbe pensare.
All’epoca i tecnici Alfa Romeo sono riusciti in un compito difficilissimo. Rendere l’Alfetta diretta e agile senza renderla troppo scomoda o rigida. Chiaramente un certo rollio è evidente, ma sorprende il senso di compattezza e di rigidità che trasmette. Per farla breve tiene benissimo la strada ed è anche comoda.
Potrei dirvi altro, continuare con schede tecniche e sensazioni, ma penso sia più giusto lasciarvi direttamente al video. Video che metterà anche a confronto due versioni diverse grazie al contributo non solo di Andrea (Alfetta Blu Olandese) ma anche di Davide di Epocar (Alfetta Grigio metallizzato).
L’Alfetta è la rappresentante leggendaria di un marchio ormai morente
L’Alfa Romeo Alfetta è stata, è, e rimane una icona italiana. Ha contribuito in modo evidente all’immagine del nostro paese in una eterna lotta tra bene e male che l’ha vista schierata tra le fila dei gangster più spietati ma anche delle Forze dell’Ordine. È stata desiderata e temuta, apprezzata e schivata, amata e contestata. È stata una vera Alfa Romeo, una delle più vive, una delle più forti caratterialmente, una di quelle che potevano davvero competere ad armi pari con la concorrenza.
Sarebbe facile a questo punto dire che dava filo da torcere anche alle rivali più blasonate. La verità è che negli anni 70/80, il marchio blasonato era proprio il nostro amato Biscione. Oggi il nome Alfetta fa sussultare. Un po perché riporta alla mente questo indimenticato capolavoro. Un po perché associata a terribili render di Alfa Romeo future che ormai non hanno più nulla a che vedere con Alfa. Render di pseudo suv o coupé senza personalità e con un terribile e preoccupante accento francese.