Facciamo chiarezza e facciamolo con un’affermazione secca: il Comune di Milano NON ha vietato “le pubblicità di automobili” o – perlomeno come spesso accade tra le intricate strade degli scritti burocratici – non è esattamente così.
Quello che si legge nel comunicato stampa del Comune riguarda le regole di “sponsorizzazione degli spazi pubblici” ovvero la riqualifica (di cui a Milano c’è urgente ed assoluto bisogno) di marciapiedi, aiuole, spartitraffico o parchetti di quartiere attraverso i fondi dei privati, utilizzando come si fa da sempre la sponsorizzazione (il classico “verde curato da”).
Un “percorso per la rigenerazione urbana diffusa con la collaborazione degli sponsor” […] “L’obiettivo è di incrementare qualità, vivibilità e identità di quei luoghi come strade, marciapiedi, piazze, parchi e giardini, dove quotidianamente si manifesta la vita sociale.”
È stato quindi fatto un bando per cercare sponsor e, naturalmente, come in ogni bando esistente ci sono dei requisiti per partecipare. Comprensibilmente chiunque vuole proteggere la propria immagine ed eviterebbe sponsor da parte di aziende che possano dare ossigeno a polemiche o scandali ed infatti, sempre nel bando, si legge:
L’Amministrazione comunale, a suo insindacabile giudizio, si riserva di rifiutare qualsiasi proposta di sponsorizzazione, ad esempio se sussista un conflitto di interesse tra l’attività pubblica e quella privata oggetto della sponsorizzazione. Oppure se esiste un possibile danno all’immagine del Comune o delle sue iniziative.
Quello che però farebbe sorridere (se non si fosse tra un’emergenza sanitaria ed una economica di proporzioni bibliche) è che tra questi sponsor potenzialmente “lesivi” sono apparse le auto.
Sono in ogni caso escluse le proposte di sponsorizzazione riguardanti propaganda di natura politica, sindacale, filosofica e religiosa. E’ vietata la pubblicità diretta o collegata alla produzione o distribuzione del tabacco, super alcolici, materiale pornografico, a sfondo sessuale, inerente armi, brand automobilistici non coerenti con le policy di sostenibilità ambientale promosse dal Comune di Milano, nonché i messaggi offensivi, incluse le espressioni di fanatismo, razzismo, odio o minaccia o comunque lesive della dignità umana.
Al di là del fatto che si parla di “brand” il che è bizzarro perché non si capisce se ad esempio Smart sarà interpretata come un brand a sé o se si considererà Mercedes nella sua interezza, ivi compresi i demoniaci mostri sputafuoco AMG, l’accostamento di armi, automobile e lesione della dignità umana lo lasciamo giudicare al lettore.
Non è vero quindi che a Milano non si possono più girare o mostrare le pubblicità di automobili come pareva che fosse da alcune fonti ma il Comune di Milano non accetterà sponsorizzazioni di spazi pubblici da parte dei brand automobilistici, stando a come è scritto, tutti tranne Tesla.
Oggi a livello politico le coscienze si lavano facendo la guerra all’automobile e nelle città ricorrere ad una mobilità più sostenibile è sacrosanto. Nel caso di Milano però sarebbe doverosa una riflessione anche per fare chiarezza visto che il 94% degli italiani NON ci vive e non la conosce.
A Milano da dopo il Piano Beruto del 1889 fino agli anni di Expo 2015 si è persa la visione della “città pianificata” e – complice il bisogno di costruire in fretta per soddisfare la richiesta degli anni del boom economico – si è, appunto, costruito in fretta e male creando un impianto edilizio “a cortina aperta”, bruciando suolo con stecche abitative in molti casi lontane l’una dall’altra, generando spazi di risulta, “non luoghi” che hanno solo generato vuoti e distanze fisiche creando il bisogno di ricorrere alla mobilità privata.
Negli anni’80 e ’90 poi la richiesta abitativa si è spostata dalla città vera e propria – sempre più cara – all’area metropolitana, generando quello che gli americani chiamano “sprawl” suburbano. Un susseguirsi di “periferie” sterminate, palazzine a due o tre piani ancora più lontane tra di loro e lontane dai servizi essenziali come i mezzi di trasporto pubblico. I paesini dell’hinterland sono così diventati “dormitori” metropolitani generando ancora di più una sola cosa: il bisogno di ricorrere all’automobile.
Quando si parla del fenomeno dell’inquinamento nella Pianura Padana e nella fattispecie nell’Area Metropolitana milanese, bisogna conoscere come stanno le cose.
Milano è un’area metropolitana di circa 4 milioni di abitanti di cui solo 1,5 abita nella “città vera e propria”, quella “Milano Milano” di cui si parla sempre, presumibilmente “ciclabile” e presumibilmente ben servita dai mezzi pubblici.
Milano però non finisce alle tangenziali ed è un’Area Metropolitana che si è sviluppata “da sola” dal dopoguerra in poi e che quindi non essendo stata pianificata come un’unica entità (come ad esempio Londra) è il risultato di un’agglomerazione di comuni senza una regia superiore (cosa che per fortuna sta cominciando ad apparire ora) con pezzi di tangenziali appiccicati in maniera posticcia, superstrade a metà, trasporti pubblici locali di prossimità praticamente inesistenti nei comuni della “cintura”.
Tutto questo ha generato inevitabilmente una marea di auto che si muovevano nella metropoli anche nei giorni in cui il “piccolo” Comune di Milano al centro di essa bloccava totalmente il traffico. La ridicola realtà è che un territorio di 180 chilometri quadri fa la guerra all’automobile da solo e mentre proclama le “domeniche a piedi” un’area metropolitana di 2000 kmq e 3 milioni di persone le si muove intorno in macchina.