Da qualche anno Alfa Romeo fa parte del maxi gruppo Stellantis. La prima accusa giunta al marchio del Biscione è quella di essersi “francesizzato” un po troppo. Accuse per certi versi fondate, ma pochi sanno che la nel corso degli anni è già successo qualcosa del genere. La nostra storia parte da lontano, nello specifico il 6 Marzo 1956. Siamo in Francia, e uno dei marchi più importanti del panorama transalpino, ovvero Renault presenta la Dauphine. Il mondo conosce quindi l’erede della Renault 4CV, che deve raccogliere un lascito decisamente importante.

Tutti la conoscono con il nome Delfino, sinonimo di eleganza, classe e leggiadria. La sua presentazione al Salone di Parigi riscuote grande successo. Il pubblico mostra interesse fin da subito anche se il DNA della Renault 4CV non è facilmente percepibile. A conquistare è la sua semplicità che va a braccetto con prezzi contenuti e dotazioni interessanti. Della 4CV sotto pelle però c’è tanto. Una buona parte della meccanica per esempio, ma anche lo schema che vede sia trazione che motore al posteriore. A voler criticare la Dauphine potremmo dire che è poco spaziosa e con qualche finitura migliorabile, ma tutto sommato il passo rispetto alla sua antenata è netto, e i prezzi del tutto in linea con ciò che offre.

Renault 4cv
Renault 4cv Da Wikipedia

In meno di 4 metri i francesi hanno racchiuso una 4 porte con motore da 850cc, 3 marce, consumi irrisori. Gli ingredienti per trasformare questa Dauphine in un successo ci sono tutti. Dai primi test drive emerge qualche perplessità sulla tenuta di strada. La Dauphine, che ricordiamo essere a trazione posteriore, ha una certa tendenza al sovrasterzo, e un feeling particolare con il vento che a volte rende imprevedibili le sue reazioni. Agli acquirenti tutto ciò non spaventa più di tanto. Sembra strano, eppure all’epoca non erano così puntigliosi, a maggior ragione parlando di auto a buon mercato. Molti clienti infatti, piuttosto che lamentarsi iniziarono a cercare in totale autonomia qualche soluzione. Una su tutte riscosse grande successo: zavorrare la piccola Dauphine per contenere la sua “esuberanza”.

Dauphine
Renault Dauphine da Wikipedia

Detto fatto, la magagna sembra funzionare, e non intacca la fama della piccola francese. Anzi, queste criticità dinamiche non scoraggiano Renault e il preparatore Gordini a creare una versione sportiva. Siamo nel 1957, un anno dopo la presentazione della Dauphine, e il preparatore di origini emiliane Gordini decide di mettere mano alla piccola francese. La Dauphine per fregiarsi del logo Gordini subisce un cambiamento quasi radicale. Il primo a ricevere una cura rinvigorente è il motore, la cui potenza sale a 33 cavalli e 130 km/h di velocità massima: dati notevoli per l’epoca. Lanciata nelle competizioni, nello specifico nei rally, la Dauphine Gordini non è di certo una straccia record, ma saprà farsi rispettare, vincendo in Corsica e a Montecarlo.

dauphine gordini rally
da pini.mg

Gordini sa che la piccola Dauphine ha ancora del potenziale

Il preparatore Gordini sa però che può fare di più con la piccola Dauphine e ne enfatizza il carattere sportivo con una versione ancora più performante. Questa sarà capace di 49 cavalli, freni a disco e cambio sincronizzato. A renderla speciale ci pensa una cugina di nome Alpine A110 che per l’occasione le presterà qualche componente. L’immancabile livrea blu fa il resto, e rende questa piccola francese davvero intrigante. La storia incoronerà la Dauphine vincitrice non solo di qualche rally, ma di vendite record. Fino al 1967, ultimo anno di produzione, ha venduto ben 2 milioni e mezzo di esemplari.

Dauphine Renault

Parallelamente in Italia uno dei nostri marchi del cuore non badava di certo piccola Dauphine. Alfa Romeo infatti stava producendo capolavori del calibro della Giulietta Spider del 1956, la 2000, e qualche anno dopo l’iconica Giulia. I francesi avevano comunque una strategia ben precisa, applicabile su larga scala: entrare a gamba tesa nei mercati stranieri. Eh indovinate un po Renault quale marchio vide come potenziale vittima o alleato? Proprio Alfa Romeo. L’intento principale del marchio francese era quello di impensierire il colosso italiano Fiat. Per farlo doveva duellare alla pari o quasi nel mercato più importante, ovvero quello delle utilitarie. In questi anni, celebri per il boom economico italiano, Renault non poteva non approfittarne.

Dauphine Renault
Da Wikipedia

L’occasione era ghiotta, anzi ghiottissima, per strappare alla Fiat i clienti interessati alla 600. Così facendo avrebbero portato tra le fila francesi un numero davvero importante di automobilisti italiani. Nell’ottica recente di vedere Alfa Romeo sotto le ali di Fiat/FCA tutto ciò non sarebbe stato possibile. Tuttavia all’epoca il marchio del Biscione era di proprietà dell’IRI, quindi Fiat non aveva voce in capitolo. A soli due anni dal lancio della Douphine in Francia, nasce in Italia la joint-venture tra Renault e Alfa Romeo.

Dauphine Alfa Romeo

Arriva in Italia la francesissima Alfa Romeo Dauphine

Siamo nel 1958 quando affiancando le linee produttive di automobili ben più blasonate, la Dauphine si fa spazio negli stabilimenti del leggendario Portello. A dire il vero in strada si vedrà solo qualche tempo dopo, ma poco importa, il dado è tratto. In realtà, l’operazione in Italia della Renault con la Dauphine non è che la punta di un iceberg. Stessa sorte è toccata infatti ad altri mercati con altri marchi, che in nome di una insolita alleanza hanno spianato la strada al marchio francese. Ma di questo parleremo più avanti.

dauphine
da classicandsportscar.com

Dal Portello uscirono parecchie Dauphine, tutte medio gamma con motore da 31-32 cavalli. L’idea di una Gordini Quadrifoglio  Verde non è fortunatamente venuta in mente a nessuno. L’auto che usciva dallo stabilimento Lombardo era tutta francese fino al midollo, motore compreso naturalmente. Una delle poche differenze (forse l’unica) rispetto alle sorelle vendute in Francia con marchio Renault è una targhetta al posteriore con su scritto Alfa Romeo Dauphine. Da italiani a questo punto è lecito attendersi qualche sorpresa, qualche novità, qualche stravaganza. Non voglio illudervi: non succederà assolutamente nulla. Del fascino delle sportive italiane in questa Dauphine non c’era assolutamente nulla.

Dauphine pubblicità
Alfa Romeo Dauphine durante un set pubblicitario (dal sito quartamarcia.it)

Vedere il logo del marchio milanese su di lei fu un colpo al cuore per molti appassionati. Ma il vero padrone, oggi come allora, fu il mercato. E in questa ottica già nel 1962 la Dauphine by Alfa Romeo fu un vero successo. Ho citato il 1962 non a caso, perché in quest’anno arrivò sul mercato la più recente e meglio accessoriata Ondine. Per i francesi fu quindi tempo di fare il punto della situazione e conti alla mano le vendite della Dauphine si avvicinavano alle 12 mila unità.

dauphine
Foto dal sito elvezio.com

Una cifra davvero importante considerando il mercato di allora e la nuova e strana sinergia che si era creata. Nel 1962 tra l’altro vide la luce un’altra francese, una sorta di punto di svolta per il marchio: la Renault 4. Anche in questo caso il mercato italiano non poteva non essere preso in considerazione, e indovinate un po dove decisero di produrla: naturalmente al Portello, ma stavolta senza logo Alfa Romeo.

Renault 4
Renault 4, foto storica dalla galleria di AlVolante

La Renault 4 doveva proiettare il marchio in una nuova realtà, e in effetti lo fece, migliorando notevolmente spazio e finiture. Come già detto la sua produzione iniziò al Portello per poi spostarsi a Pomigliano D’Arco, dove solo qualche anno dopo vedrà la luce la Alfa Romeo Alfasud. Anche le vendite della Renault 4, analogamente a quelle della Dauphine, riscossero grande successo. Per certi versi l’impatto delle francesi sul mercato italiano fu del tutto inaspettato sia per i vertici Renault (che gioivano) che per i vertici Fiat, decisamente adirati. Fu in questo momento che dalle parti di Torino si rese necessario un intervento drastico.

Le contromosse tremende e ad-hoc di Fiat

La paura di una Renault ancora più competitiva era infatti fondata. In cima alle vendite compariva ancora Fiat, ma seguita proprio da Alfa Romeo e Renault, che inseguiva con grande determinazione. Fiat pensò quindi in tempi rapidi di creare una vettura competitiva e all’altezza della Renault 4. Niente affatto! Questo è ciò che ogni appassionati si sarebbe aspettato. Ma nel torinese l’hanno sempre pensata diversamente. Le figure dirigenziali preferirono infatti fare pressioni sul Governo Italiano per aumentare le imposte su auto con larghezza e lunghezza superiori…alle Fiat.

Dauphine Alfa Romeo
Locandina Storica Alfa Romeo Dauphine

In poche parole riuscì così a penalizzare la vettura francese senza sporcarsi le mani e senza correre troppi rischi. Renault però reagì con forza e determinazione. Legge a parte, ai francesi quest’ultimo “dazio” sembrava una vera e propria ingiustizia. Con una nota ufficiale Renault rifiutò di assumersi gli oneri di questa nuova tassazione e non perse di certo la battaglia. La joint-venture infatti aveva permesso ai transalpini di aprire in Italia una rete di assistenza capillare con ben 500 officine autorizzate.

 

Questa mossa si rivelò geniale perché pochi anni dopo queste divennero officine e concessionarie ufficiali Renault, permettendo ai francesi di avere una rete davvero completa fin dagli albori. Infatti nel 1968 quando l’alleanza venne meno, nacque Renault Italia, e poteva già contare su vendita e assistenza su moltissime regioni dello stivale. Lo stesso anno a Pomigliano era in corso il rinnovamento dello stabilimento e delle linee, che sforneranno proprio l’Alfasud citata in precedenza.

Dauphine alfa in vendita
Alfa Romeo Dauphine in vendita su Classic Trader (foto di Classic Trader)

Siamo arrivati alla fine della nostra storia. Per noi giovani italiani la Dauphine non ha lasciato grandi ricordi. E come avrebbe potuto? Alfa Romeo di certo non sbandiera questo veicolo nelle sue rievocazioni storiche, e in fondo è giustissimo così. E’ però innegabile il suo successo a livello mondiale e la strategia  vincente di Renault che fin dall’inizio puntava in ogni paese alla conquista di porzioni importanti di mercato. Così facendo hanno inizialmente testato i nuovi mercati per poi affermarsi con grande determinazione una volta concluse le varie alleanze. Alcuni potrebbero storcere il naso alla vista di una Alfa Romeo francese; di fatto però all’italiana cambiò ben poco, anche in termini di blasone.

 

All’epoca il Biscione poteva contare su una vasta gamma di modelli e versioni pronte a soddisfare appassionati e curiosi. Classe, sportività, prestazioni e fascino non potevano di certo essere offuscate da questa operazione commerciale, ben distante da ciò che Alfa Romeo proponeva negli anni 50 e 60. D’altronde, è difficile scalfire l’aggressività del biscione imparentandolo con un delfino.

Questo articolo giunge al termine. Se avete qualche storia da proporre o qualche correzione da suggerire scrivici pure su piedipesanti.wd@gmail.com o qui nei commenti. Ti ricordo inoltre che trovi sia su Youtube che su Spotify il podcast di questo articolo cercando: STORIE A QUATTRO RUOTE.

Ermanno Ceccherini

Quando è tempo di presentazioni sono sempre un po’ perplesso. Presentarsi può essere una banalità, una prassi semplice e quasi automatica se la si fa istintivamente e senza troppi pensieri. Pensate a quando vi presentate con qualcuno e 10 secondi dopo nessuno dei due ricorda il nome dell’altro. Ma se la presentazione ha un significato più profondo e fa parte di una relazione che si spera essere poi duratura, allora le difficoltà salgono. Ed è questo il caso. Ma va fatta, e allora... Mi presento. Il mio nome è Ermanno è la prima cosa da sapere su di me è che ho un’insaziabile fame... di motori. Ricordo nitidamente il momento in cui questa mia passione è sbocciata. Ero lì, avevo poco meno di 3 anni, e le gambe di mio padre erano il collegamento tra me e una sgargiante Fiat Coupè 16v Turbo. Tenevo con forza lo sterzo tra le mani ed ero affascinato da quel mondo tanto vicino quando misterioso. Qualche anno dopo mi ritrovavo in sella alla mia prima motocicletta, una pitbike, di quelle che si mettono in mano ai ragazzini, e io, poco più che poppante mi troviamo nuovamente difronte a un amore incondizionato per qualcosa che non conoscevo. Sono bastati pochi metri per capire che anche il mondo delle due ruote faceva parte di me; altrettanti per rendermi conto che l’asfalto ha una consistenza tale da non lasciare scampo alla pelle. Primo giorno, prima caduta, primi incoraggiamenti da chi oggi mi guarda da lassù a risalire in sella. E così ho fatto. Da allora non ho più assaggiato l’asfalto, ma continuo ad assaporare il vento in faccia e quel senso di libertà che solo le due ruote sanno darmi. Una decina di anni dopo sono arrivati i 18. Li aspettavo con ansia ma solo perché sapevo che con loro sarebbe arrivata la patente. Tra le mani una MiTo con così pochi cavalli da far sembrare la Coupè una supercar, eppure la legge non mi permetteva di guidare altro. Gli anni passano, e oggi, che ne ho 26, di auto e moto ne ho viste e provate parecchie. Ho sviluppato nel tempo uno strano senso critico. E per critico non intendo tanto la capacità di giudicare quanto piuttosto una ingombrante vena polemica che spesso mi spinge a gettare fango sulle auto moderne. Sarà forse perché tra le mani ho sempre qualche intrigante youngtimer? Chissà, questa è un’altra storia. Questa è una parte di me, tanto altro lo leggerete nei vari articoli. Benvenuti su Piedi Pesanti !

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