Pensando alle FAW mi verrebbe da dire che c’è chi investe e chi scappa. I primi, cinesi, fiutano l’affare e cercano un ingresso preferenziale verso l’Europa. I secondi invece meglio non citarli ma in fondo sappiamo bene quanti “fuggono” dal Belpaese incentivati dalle riduzioni fiscali. Ma veniamo al dunque. Poche ore fa la FAW, colosso cinese, ha annunciato di voler sbarcare in Italia con tutta la determinazione che si riserva a tali eventi. Ma cos’è la FAW? Potremmo riassumere dicendo che si tratta del più grande produttore automobilistico cinese.

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Insieme alla Silk-EV (start-up) specializzate in design e ingegneria la FAW sforna auto per il mercato cinese. È così “evoluta” sul territorio orientale da potersi permettere una sua linea di veicoli di lusso con il marchio Hongqi. Quindi parliamo di un colosso statale di grande esperienza e capacità che ora vuole lanciarsi a capofitto nella produzione di veicoli elettrici. Questa corsa all’elettrificazione però diventa ancor più ambiziosa se pensiamo che per la prima volta la FAW abbandona il mercato interno per puntare su quello estero. E quale posto migliore per innovare se non l’Italia? La FAW promette un miliardo di investimenti sul territorio italiano, nello specifico a due passi dalla Motor Valley ovvero in Emilia Romagna.

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Investire in Italia dona classe e prestigio, ma che prezzo paga lo stivale?

L’investimento servirà alla progettazione e successivamente alla costruzione di vetture elettriche di alta gamma che vanno dai suv alle supercar. Insomma un progetto molto ambizioso che lo diventa ancor di più se pensiamo che l’Emilia Romagna è per noi la patria una fetta di auto che ci rappresentano. Una su tutte la Ferrari che vedremo un po nei prossimi giorni come accoglierà alla notizia. Per l’Italia questa news è un’arma a doppio taglio. In un momento così delicato creare occupazione è sicuramente una manna dal cielo. Tuttavia bisogna andarci con i piedi di piombo perché vien da se che il “grosso” degli utili vada nelle tasche dei cinesi com’è giusto che sia.

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Ecco allora che questa scelta di produrre in Italia assume un significato diverso. Nel mondo lo “stivale” è ancora sinonimo di classe, storia e prestigio. La FAW beneficerebbe di tale pedigree pur non avendo nulla a che fare con l’Italia. Allo stesso modo un grande successo del progetto potrebbe oscurare la storia delle case radicate sul suolo emiliano da molti anni. Penso infatti a Ferrari, Lamborghini, Maserati e Pagani che pur essendo dei mostri sacri non possono competere con la “produttività” e caparbietà orientale in tema elettriche.

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Europa rincorsa e raggiunta anche dalla FAW

Insomma da un lato questa notizia è una boccata d’ossigeno per molti lavoratori, da un altro è una possibile condanna a morte nei confronti del sempre più compromesso Made in Italy. Di “cinesi” pronti a sbarcare in Europa ne conosciamo parecchi, e ne avevamo parlato qui. I tempi non sono ancora maturi per trarre conclusioni quindi attendiamo qualche mese fondamentale per approfondire la questione.

Ermanno Ceccherini

Quando è tempo di presentazioni sono sempre un po’ perplesso. Presentarsi può essere una banalità, una prassi semplice e quasi automatica se la si fa istintivamente e senza troppi pensieri. Pensate a quando vi presentate con qualcuno e 10 secondi dopo nessuno dei due ricorda il nome dell’altro. Ma se la presentazione ha un significato più profondo e fa parte di una relazione che si spera essere poi duratura, allora le difficoltà salgono. Ed è questo il caso. Ma va fatta, e allora... Mi presento. Il mio nome è Ermanno è la prima cosa da sapere su di me è che ho un’insaziabile fame... di motori. Ricordo nitidamente il momento in cui questa mia passione è sbocciata. Ero lì, avevo poco meno di 3 anni, e le gambe di mio padre erano il collegamento tra me e una sgargiante Fiat Coupè 16v Turbo. Tenevo con forza lo sterzo tra le mani ed ero affascinato da quel mondo tanto vicino quando misterioso. Qualche anno dopo mi ritrovavo in sella alla mia prima motocicletta, una pitbike, di quelle che si mettono in mano ai ragazzini, e io, poco più che poppante mi troviamo nuovamente difronte a un amore incondizionato per qualcosa che non conoscevo. Sono bastati pochi metri per capire che anche il mondo delle due ruote faceva parte di me; altrettanti per rendermi conto che l’asfalto ha una consistenza tale da non lasciare scampo alla pelle. Primo giorno, prima caduta, primi incoraggiamenti da chi oggi mi guarda da lassù a risalire in sella. E così ho fatto. Da allora non ho più assaggiato l’asfalto, ma continuo ad assaporare il vento in faccia e quel senso di libertà che solo le due ruote sanno darmi. Una decina di anni dopo sono arrivati i 18. Li aspettavo con ansia ma solo perché sapevo che con loro sarebbe arrivata la patente. Tra le mani una MiTo con così pochi cavalli da far sembrare la Coupè una supercar, eppure la legge non mi permetteva di guidare altro. Gli anni passano, e oggi, che ne ho 26, di auto e moto ne ho viste e provate parecchie. Ho sviluppato nel tempo uno strano senso critico. E per critico non intendo tanto la capacità di giudicare quanto piuttosto una ingombrante vena polemica che spesso mi spinge a gettare fango sulle auto moderne. Sarà forse perché tra le mani ho sempre qualche intrigante youngtimer? Chissà, questa è un’altra storia. Questa è una parte di me, tanto altro lo leggerete nei vari articoli. Benvenuti su Piedi Pesanti !

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