La quarta puntata dell’Italia insegna impone un salto nel passato fino agli albori del marchio Fiat. L’innovazione infatti ci porta ai primi attimi di vita del marchio italiano. A Luglio del 1899 una decina di aristocratici piemontesi decidono, spinti dalla passione per le automobili, di fondare la Fabbrica Italiana Automobili Torino. Partono subito col piede giusto e lasciano il segno al primo colpo cambiando per sempre la storia dell’automobilismo mondiale. Il loro primo modello nasce verso la fine del 1899 e deriva concretamente da un progetto già esistente. Un anno prima la Accomandita Ceirano presenta la Welleyes 3,5 HP, una carrozza motorizzata come si usava ai primi del “900 ma aveva un potenziale enorme che l’avrebbe resa celebre un anno dopo con un nome differente.
La Welleyes nasceva per essere una vettura affidabile, performante e alla portata di tutti. Il prezzo infatti non avrebbe superato le 4000 lire, e la vettura si sarebbe dimostrata affidabile anche per un viaggio di oltre 200km. Ne parlano con entusiasmo sulla rivista L’Automobile fondata da alcuni membri dell’azienda. La Welleyes viene descritta come una rivoluzione assoluta. L’italiana infatti aveva un innovativo sistema di raffreddamento sprovvisto di pompa per la circolazione dell’acqua ma dotato di un sifone. Tale sistema avrebbe raffreddato l’acqua, di conseguenza anche il motore e non avrebbe “consumato” i 12 litri previsti per il funzionamento dell’impianto. Questa innovazione seppur importante e fondamentale per il raffreddamento di molti veicoli che seguirono non passò alla storia con i clamore che avrebbe meritato.
Forse perché sulla Welleyes successivamente rinominata era presente un sistema ancor più rivoluzionario. Nel 1899 però Goria Gotti (avvocato della società), e Bricherasio decisero che era giunto il momento di industrializzarla. Per farlo formarono un gruppo di imprenditori il cui scopo era fondare una solida casa automobilistica, appunto la neonata FIAT. L’obbiettivo primario era proprio assorbire la Accomandita Ceirano e i suoi preziosi progetti. Inclusero nella società Ceirano ma si dimise qualche mese dopo. Così il progetto della Welleyes subisce una evoluzione. Rinominata Fiat 3 1/2 HP la vetturetta poteva contare su un motore di 657cm3 posizionato al posteriore capace di 4,2 cavalli e 35 km/h di velocità massima. Curioso per i giorni nostri apprendere che aveva una lubrificazione a perdere ovvero un sistema che lubrificava le componenti del motore scaricando l’olio utilizzato (ma non esausto) nella coppa dell’olio da dove non veniva ripescato.
Altrettanto curiosa la questione cambio. Dotata di tre marce la Fiat 3 1/2 HP era sprovvista della retromarcia all’epoca poco diffusa nonché di difficile comprensione. Ma la vera novità la troviamo sul fronte sicurezza. Fino a quel momento le automobili erano delle semplici carrozze motorizzate. Fiat però fa il vero salto avanti montando il primo freno a pedale. La vettura era infatti dotata di due freni. Quello classico visto finora ovvero azionabile a mano che frenava direttamente le ruote e quello a pedale che frenava il semiasse. Nessuno prima della Fiat aveva pensato e brevettato un congegno così efficiente e sicuro. Fiat irrompe nel settore automobilistico con la scelta geniale di perfezionare un prodotto già di grande prestigio firmato Aristide Faccioli.
Il pacchetto della 3 1/2 HP non sarebbe completo senza menzionarvi gli pneumatici di grandezza diversa tra anteriore-posteriore e la disposizione dei “sedili”. I 3 o 4 occupanti si trovavano infatti face to face, perché la panchetta dei passeggeri non è nella solita posizione posteriore (dove invece trova posto il motore) bensì all’anteriore. Scelta curiosa ma necessaria ai fini del posizionamento della meccanica. I due passeggeri “lato guida” potevano godere di un tendalino antipioggia, mentre l’occupante “frontale” ne era sprovvisto. Questo tipo di carrozzeria era opera di Marcello Alessio, celebre carrozziere torinese e venne rinominata DUC. Della Fiat 3 1/2 HP sono stati prodotti 26 esemplari. Ai giorni nostri ne sono arrivati solo 4 conservati in alcuni celebri musei internazionali.
Questo salto nel passato è fondamentale per la nostra rubrica. Pur non seguendo un senso cronologico questa è al momento l’innovazione più anziana di cui abbiamo parlato, ed è forse quella più significativa. Prima del 1900 l’estro, la genialità e il coraggio Italiano avevano prodotto un componente tanto inusuale quanto fondamentale per il “mondo che verrà”. Il freno a pedale è un’innovazione tecnologica che diamo spesso per scontata ignorando quanto fossero obsoleti i sistemi utilizzati fino al quel momento. Questa storia si conclude (almeno per ora) a lieto fine. Il freno a pedale seppur evoluto è rimasto tuttora prerogativa fissa di ogni automobile. Da oggi magari, frenando, ricorderemo con orgoglio che a salvarci la vita c’è un dispositivo tutto italiano, uno di quelli che a mani basse ha imposto a tutti i costruttori un radicale ridimensionamento.