Non mi stancherò mai di ripeterlo; la Ford Puma non la si deve vedere come un SUV (nel senso negativo del termine che per noi appassionati rappresenta) perché SUV non lo è, nemmeno un po’. Al di là del fatto che – specie nelle versioni ST – non è più alta da terra di una normale utilitaria, è un’auto troppo interessante perché possa essere condannata dal peso del suo nome.
Il Megabox che la rende largamente più versatile delle concorrenti ed il sistema mild hybrid abbinato al (bel) cambio manuale già la rendevano rilevante nelle versioni “normali” ma ora, vestita di verde come da canoni stilistici del 2020, arriva quasi a sorpresa la versione ST e cambia ancora una volta tutto.
Stefan Muenzinger, il capo della divisione Ford Performance Europa, dichiara che “gli appassionati della bella guida, non si dovranno rassegnare alla riduzione del piacere di stare dietro al volante a causa della direzione che mode (forme e volumi SUVveggianti) e tutele dell’ambiente hanno fatto prendere al mondo dell’auto perché la Puma mantiene la sua praticità onorando il badge ST con prestazioni all’altezza” e che si è voluto creare una vettura dai “volumi alla moda” (nel discorso in inglese si fa riferimento a “volumi che facciano voltare le teste”) con le prestazioni di una classica Hot Hatch (aggiungerei -nda- anche che la seduta alta serve prevalentemente ad aumentare l’abitabilità senza aumentare le dimensioni, riducendo l’impronta a terra).
Meccanica di livello
Perché al di là della patina “fighetta” alla quale noi europei siamo abituati, Ford portando con sé la filosofia americana, regala sempre molta “sostanza” e la concretezza sotto il cofano è davvero tanta, specie parlando di un’auto di segmento B.
Il motore è il “solito” Ecoboost 1.5 da 200CV già ampiamente apprezzato e pluripremiato sulla Fiesta ST. Il tricilindrico totalmente in alluminio ha la doppia fasatura variabile indipendente per ottimizzare i consumi regalando al tempo stesso prestazioni notevoli, unito ad un turbocompressore RAAX, ibrido radiale – assiale, con manicotto di scarico integrato che minimizza la distanza che i gas devono coprire per passare dal cilindro alla turbina, minimizzando il lag e aiutando a generare coppia.
Il picco di potenza si ha a 6000 giri al minuto ed il picco di coppia (320NM, da Diesel!) lo si trova tra i 2500 ed i 2500 giri al minuto rendendolo molto sfruttabile nella guida in città e rendendo le scalate pressoché non necessarie in ambiente autostradale.
In aggiunta troviamo un sistema di aspirazione su misura, scarichi diretti sportivi con valvole attive e supporti motore più rigidi per minimizzare trasferimenti di carico non necessari durante le curve.
Sul lato “greta-friendly” (ma anche portafoglio-friendly ché di questi tempi non è male, specie da noi dove l’imperturbabile accisa si abbatte dura sui Piedi Pesanti) il 1.5 ha un sistema di disattivazione e riattivazione di un cilindro che lavora in 14 millisecondi (20 volte più veloce di un battito di ciglia) e che quando si procede in crociera a velocità relativamente basse, consente di consumare (secondo il ciclo WLTP, quindi poi andrà “aggiustato” nella prova su strada che ci auguriamo di poter fare) 6,9 litri per 100km emettendo 134 g/km CO2.
Il cambio è il solito, preciso, 6 rapporti manuale della Festa ST con una sesta leggermente accorciata che consente 220 km/h di velocità di punta e 6,7 secondi da 0 a 100.
Tra le curve come le sportive di razza.
La cosa più impressionante però è il rapporto di sterzo; 11,4 : 1. Più veloce di un’Alfa Romeo Giulia, di una Ferrari 812 superfast e largamente più rapido di una BMW M3. Ford ci aveva abituati a telai rigidi e sterzi impeccabili ma con la Puma ST si sono superati, ponendo la piccola crossover ai vertici della lista dei rapporti di sterzo.
Abbiamo imparato insieme che uno sterzo veloce da solo non basta a restituire un feeling di guida di assoluta eccellenza ed infatti sulla Puma ST arriva di serie l’LSD (che detto così potrebbe far pensare ad altro ma sta per Limited Slip Differential) il differenziale meccanico a slittamento limitato in grado di distribuire – meccanicamente appunto – coppia e potenza sulla ruota con più grip – fornita di Michelin Pilot Sport 4S di serie – limitando anche il sottosterzo tipico delle trazioni anteriori. La (minima) altezza maggiore del baricentro viene così annullata con accorgimenti meccanici sopraffini e raffinati, forniti – non mi stufo di ribadirlo – di serie.
Il lato “cool”
Se la Puma ST line esteticamente già si distingueva per il suo aspetto sportiveggiante, la ST alza ulteriormente l’asticella già di per sé elevata. Lo splitter anteriore marchiato “Ford Performance” garantisce fino all’80% in più di downforce, finiture nero opaco a tetto, specchietti, minigonne, griglia e spoiler posteriore, cerchi da 19’ bruniti e soprattutto il nuovo – fighissimo – colore Mean Green, esclusivo per la ST.
All’interno troviamo i sedili anteriori Recaro con logo ST, il volante appiattito in basso ed il pomello anch’esso marchiato ST, Schermo centrale da 8 pollici con il Ford SYNC 3 che include CarPlay ed Android Auto di serie. Il sistema audio B&O è disponibile come optional mentre sono presenti i sistemi di sicurezza attiva Pre-Collision Assist con Active Braking, Active Park Assist, Cross Traffic Alert with Active Braking, and Intelligent Speed Limiter.
Conclusione
Lasciatemi concludere con una considerazione assolutamente personale per la quale mi assumo le mie responsabilità “sgravando” Piedi Pesanti dal peso di questa ingombrante opinione (se volete insultarmi fatelo sul mio instagram personale @Luca_thetravelguy o scrivetemi sulla mail).
Il nome Puma per molti è un insulto come lo è Mustang Mach E sulla SUV/berlinona elettrica ma diciamoci la verità: la Puma originale (sport compact) era davvero questa grande sportiva?
Perché personalmente la vedo come un’utilitaria dall’aspetto coupé esattamente come l’attuale Puma è un’utilitaria dall’aspetto SUV. Cambiano le mode, cambiano le esigenze per stare sul mercato e fare fatturato. Negli anni ’90 le segmento B erano quasi sempre a tre porte; la versione a cinque porte si pagava in più e spesso snaturava la linea dell’auto (vi ricordate l’Opel Corsa B?) facendo preferire le versioni meno pratiche ché in fondo in quegli anni ci si arrangiava, anche aiutati da linee di cintura più basse, carrozzerie più sottili, volumi interni più grandi (ma si moriva da eroi negli stessi incidenti dai quali oggi si esce spesso indenni).
La moda era ancora quella delle coupé (le cabrio già stavano iniziando il loro declino) e quale migliore modo per strizzare l’occhio alle tendenze di fare una piccola coupé basata sulla Fiesta MK4? Sì perché la Puma sport compact, quello era. Una Fiesta dall’aspetto coupé, esattamente come oggi la Puma è una Fiesta dall’aspetto SUV; un modo come un altro per stare sul mercato. Se però il “fare volumi” significa anche offrire – di serie ed ad un prezzo accessibile – un’auto che abbia le stesse prestazioni da 0-100 (6,7 contro 6,6) della osannata (anche dal sottoscritto) Clio RS, con una meccanica raffinata – ripeto – di serie, un differenziale autobloccante meccanico, gomme di primo equipaggiamento di altissimo livello, scarico diretto ed uno sterzo da fare “levare il cappello” (citazione non casuale) persino ad Alfa Romeo (si parla puramente di sterzo non di come stanno in strada le auto) allora dico che forse, questa Puma, merita di essere vista con un occhio diverso e che in un mercato di auto dall’aspetto sportivo ma con prestazioni da banco a rotelle, un’auto appetibile ma “cazzuta” ed accessibile, ci voleva proprio. Grazie Ford (ora però, fatecela provare).