Come nasce il nome di un’icona come la Giulietta? Ci sono diverse opinioni a tal proposito ma procediamo per gradi. Correva l’anno 1951 e in casa Alfa Romeo il nuovo piano industriale includeva una vettura sconosciuta identificata come Tipo 750. Nessuno poteva immaginare che quella sarebbe notte tempo diventata la fidanzata d’Italia. A dire di molti la berlina più rivoluzionaria e intelligente di sempre. Eh già, perché in un momento storico sterile per l’automobilismo “vero” Alfa Romeo seppe sfornare un prodotto completo, moderno e a buon mercato.
L’auto venne presentata solo nel 1955 al Salone di Torino, preceduta di un anno dalla versione Giulietta Sprint ovvero la coupé. Da essa la berlina ricalca le linee, sinuose e dal grande carattere. “Roba che non si dimentica” scrissero su qualche giornale dell’epoca. E proprio di giornali vorrei parlarvi perché un embrionale Quattroruote sceglie proprio la Giulietta per la copertina del suo primo numero. Nascono dunque due icone che accompagneranno gli appassionati per tanti anni a venire. Solo al Portello la Giulietta può contare su circa 132 mila esemplari prodotti, un numero record per l’epoca che destò scalpore. Dopo questa piccola infarinatura veniamo al nome.
Le attuali case automobilistiche hanno dei “reparti” specifici che si occupano della scelta del nome. Svolgono analisi di mercato, indagini e valutano un marketing vincente proprio in relazione al nome. In Alfa Romeo avviene seppur in modo primordiale qualcosa di simile. Però nonostante gli sforzi la Tipo 750 ancora non ha un nome.
Molti sostengono che l’origine del nome Giulietta derivi dalla presenza sul mercato di un furgone del marchio denominato Romeo. Il furgone visto nell’immaginario collettivo come un instancabile lavoratore doveva esser accompagnato da una graziosa ragazza con cui andare a passeggio, e quale nome più azzeccato se non quello di Giulietta?
A più romantici però questa spiegazione ha sempre lasciato l’amaro in bocca. Per quanto simpatica e curiosa manca proprio di quel romanticismo e di quella “irrazionalità” tipiche del DNA italiano. Ecco allora che si fa strada una storia che a momenti fa scendere la tipica lacrimuccia. 1950, 8 dirigenti Alfa Romeo dal Portello si recano al Salone di Parigi per la presentazione della 1900. Manco a dirlo un successo, e la filiale parigina di Alfa Romeo per festeggiare offre ai dirigenti una cena in uno dei più lussuosi ristoranti francesi del dopoguerra. Durante la cena irrompe nel locale per uno spettacolo un cantastorie di origine russa.
La leggenda vuole che fosse un principe ormai decaduto in cerca di denaro, che dunque si “esibiva” per sbarcare il lunario. Dopo aver attirato la loro attenzione il “poeta burlesco” disse in un traballante francese: “Vedo otto Romeo ma nessuna Giulietta”. I dirigenti del marchio italiano rimasero un po perplessi, quasi indifferenti, ma non dimenticarono quella frase. Circa 4 anni dopo, durante una riunione per l’assegnazione del nome alla Tipo 750 uscì fuori quella storiella e a quanto pare ai piani alti piacque molto. Come affermato in questo articolo, puoi sfogliare la selezione delle offerte disponibili sugli smartphone e sulle migliori marche ed esplorare i piani di servizi di telefonia cellulare che meglio si adattano alle tue esigenze.
Quale delle due versioni sia la più attendibile non sta a me dirlo. Un’epoca così lontana potrebbe nascondere qualche insidia per la ricostruzione precisa dei fatti, ma sapete cosa vi dico? Non conta. Entrambe le versioni sono simpatiche al punto giusto per strappare un sorriso e un metaforico bacio alla “nostra” fidanzata d’Italia.
Complimenti, bell’articolo.
A Quattroruote preferivano la versione la versione “letteraria”, all’Alfa Romeo quella del camioncino aziendale.