L’attesa è quasi finita, l’Harley-Davidson Pan America è pronta a percorrere le strade di tutto il mondo. Dalla fabbrica di Milwaukee qualcuno deve aver esclamato: “Caspita al mondo manca una Adventure che suoni come un V8”.  Da appassionati di motori non rimaniamo indifferenti davanti alla voce dei V8 americani (basti vedere la nostra recente prova del Militem Magnum), e quando pensiamo alle due ruote, non possiamo non pensare alle Harley-Davidson. Confesso, non sono un estimatore del marchio – o meglio – non di tutti i modelli. Ho sempre amato le stradali, le Cafè-Racer, le touring, tanto che ora come ora in garage vorrei una H-D Road Glide, una H-D Street Rod, ma non una cruiser dai semi manubri immensi. Non rimango insomma indifferente al fascino di questo marchio, al di là dei miei gusti personali, che però nulla contano quando si parla di leggende simili.

Harley-Davidson Pan America

Il lavoro certosino fatto da Harley-Davidson con le Limewire (prime elettriche della casa americana) ha acceso in me un bagliore di speranza e curiosità. Un marchio che sa reinventarsi e riscrivere la sua storia con tale determinazione, merita grande, anzi grandissima stima e attenzione. Ecco allora che sentendo parlare della nuova Harley-Davidson Pan America inizio a farmi “strani viaggi”. Si, viaggi, perché la vedo proprio così. Fiera, grintosa, inarrestabile e comoda mentre affronta la più improponibile delle avventure. Immagino un tramonto su strade dissestate con una Harley-Davidson Pan America vestita di uno sgargiante arancione.

Harley-Davidson Pan America

Pronti, VIA: con l’Harley-Davidson Pan America si viaggia davvero

Ok la passione, ma sono poche le moto che suscitano una tale reazione in un polemico esigente come me. Mi verrebbe quasi da dire che qui si fa la storia. Mai prima d’ora la Harley-Davidson aveva pensato di cimentarsi ufficialmente in un’avventura del genere. Le prime foto ritraggono due Harley Davidson Pan America nel deserto; gli americani ci tengono a sottolineare che si tratta di due prototipi, e che le versioni finali potrebbero differire molto da quanto visto finora. Sinceramente, già così hanno a mio avviso carattere da vendere. Salvo qualche obbligata scelta di meccanica che si ripercuote sul design, il resto mi sembra abbastanza interessante da poter convincere anche i più scettici.

Harley-Davidson Pan America

Il frontale massiccio, quasi futuristico, sembra uscito dal più stravagante film/videogioco di fantascienza degli ultimi anni. Le differenze cromatiche sembrano volere sottolineare una distinzione ben precisa tra il frontale e il serbatoio. Un cupolino di generose dimensioni lascia intendere che il vento non sarà un problema, e una sella quasi piatta e ben profilata invita a percorrere una miriade di chilometri come se fossero solo una manciata. Non so perché ma questo suo aspetto mi ricorda l’elegante cattiveria dello squalo balena. Quel muso affusolato che sembra quasi una bocca pronta ad inghiottire anche il più agguerrito dei nemicinche prosegue nella leggiadria e nell’eleganza della frazione centrale e posteriore. Il posteriore, meno esuberante, sa comunque farsi apprezzare ed è sicuramente meglio riuscito di molte moto della concorrenza.

Harley-Davidson Pan America

Insomma, l’Harley-Davidson Pan America vuole irrompere di petto in un segmento di mercato tutt’ora inesplorato dagli americani ma saturo di numerose eccellenze. Una su tutte la BMW GS 1250, regina del turismo internazionale. La famosa “muccona” che all’occorrenza è in grado di sfoderare una grinta insospettabile grazie al suo poderoso motore boxer. E a proposito di grinta, la moto americana non è molto lontana da qualcosa che profuma vagamente di italiano. A spingere l’Harley-Davidson Pan America ci penserà il V2 60° Revolution Max da 1250 cm3, capace di 145cv e 123nm di coppia.

Pan America salto

Non può mancare un equipaggiamento completo e performante

Completano (solo per adesso) il pacchetto un telaio tubolare in acciaio, forcelle a steli rovesciati all’anteriore e impianto frenante radiale by Brembo. Parliamoci chiaro, dalle parti di Milwaukee non vogliono passare inosservati: hanno deciso di sfornare una moto con un carattere particolare e un motorone che salvo smentite dovrebbe cantare come il più agguerrito dei V8. Certo, parliamo di una moto da Turismo, di una Adventure, ma sinceramente, serve di più? Moto come la Harley-Davidson Pan America potrebbero rappresentare nei prossimi anni la tanto inseguita quadratura del cerchio.

Moto tra i rami

Due ruote in grado di lasciarsi alle spalle i cattivi pensieri e anche qualche blasonata stradale. Moto in grado di portarti in vacanza o sul passo di turno con la stessa comodità e cattiveria. Non ci resta che attendere il 22 Febbraio, data in cui la Harley-Davidson presenterà il suo ultimo gioiellino, e noi saremo in diretta per svelarvi tutte le ultime da Milwaukee.

Ermanno Ceccherini

Quando è tempo di presentazioni sono sempre un po’ perplesso. Presentarsi può essere una banalità, una prassi semplice e quasi automatica se la si fa istintivamente e senza troppi pensieri. Pensate a quando vi presentate con qualcuno e 10 secondi dopo nessuno dei due ricorda il nome dell’altro. Ma se la presentazione ha un significato più profondo e fa parte di una relazione che si spera essere poi duratura, allora le difficoltà salgono. Ed è questo il caso. Ma va fatta, e allora... Mi presento. Il mio nome è Ermanno è la prima cosa da sapere su di me è che ho un’insaziabile fame... di motori. Ricordo nitidamente il momento in cui questa mia passione è sbocciata. Ero lì, avevo poco meno di 3 anni, e le gambe di mio padre erano il collegamento tra me e una sgargiante Fiat Coupè 16v Turbo. Tenevo con forza lo sterzo tra le mani ed ero affascinato da quel mondo tanto vicino quando misterioso. Qualche anno dopo mi ritrovavo in sella alla mia prima motocicletta, una pitbike, di quelle che si mettono in mano ai ragazzini, e io, poco più che poppante mi troviamo nuovamente difronte a un amore incondizionato per qualcosa che non conoscevo. Sono bastati pochi metri per capire che anche il mondo delle due ruote faceva parte di me; altrettanti per rendermi conto che l’asfalto ha una consistenza tale da non lasciare scampo alla pelle. Primo giorno, prima caduta, primi incoraggiamenti da chi oggi mi guarda da lassù a risalire in sella. E così ho fatto. Da allora non ho più assaggiato l’asfalto, ma continuo ad assaporare il vento in faccia e quel senso di libertà che solo le due ruote sanno darmi. Una decina di anni dopo sono arrivati i 18. Li aspettavo con ansia ma solo perché sapevo che con loro sarebbe arrivata la patente. Tra le mani una MiTo con così pochi cavalli da far sembrare la Coupè una supercar, eppure la legge non mi permetteva di guidare altro. Gli anni passano, e oggi, che ne ho 26, di auto e moto ne ho viste e provate parecchie. Ho sviluppato nel tempo uno strano senso critico. E per critico non intendo tanto la capacità di giudicare quanto piuttosto una ingombrante vena polemica che spesso mi spinge a gettare fango sulle auto moderne. Sarà forse perché tra le mani ho sempre qualche intrigante youngtimer? Chissà, questa è un’altra storia. Questa è una parte di me, tanto altro lo leggerete nei vari articoli. Benvenuti su Piedi Pesanti !

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