Quella che vi stiamo per raccontare è una bellissima storia di grande passione; di un ragazzo che in una Modena dei primi anni ’90, concretizzò i sogni costruendo una GT. Quel ragazzo oggi è un professore all’Università di Modena (ingegneria dell’autoveicolo) e ci ha concesso in esclusiva un’intervista, raccontandoci la genesi della Toni Auto GT, vissuta in prima persona.
Grossi gruppi ottici posteriori coperti da griglie che ricordano quelle della Testarossa (degli anni ’80) o della Ferrari 348, un carter della frizione (forse transaxle) ben visibile sotto una carenatura dal sapore modenese che lascia spazio a pochi dubbi. La prima impressione è che si tratti proprio di una misteriosa Ferrari.
Troppo grezza ed abbozzata per essere una one-off destinata a qualche Sultano o Sceicco, troppo “diversa” dalla lineup di metà anni ’80 per di più con una presunta meccanica transaxle sospetta, visto che sarebbe stata introdotta solo nel 1989, la foto ha suscitato la curiosità addirittura della rivista australiana “Unique Cars Magazine” che ha fatto varie ricerche fino ad arrivare a capire che la foto è di un’auto figlia di una storia d’altri tempi, figlia di un romanticismo automobilistico che non esiste più e che vale la pena di essere raccontato.
Fabrizio Ferrari, all’epoca era un giovane designer di auto e si trovava in giro per Maranello alla ricerca di una Ferrari 250 LM da fotografare (la passione che traspare dall’essere in giro a cercare un’auto rara da fotografare – in analogico, ça va sans dire – mi emoziona nda) ed aveva individuato l’unico esemplare circolante in Via Abetone Inferiore, dentro un capannone della Toni Auto.
Franco Toni invece era un ex meccanico della Scuderia Ferrari di F1 negli anni ’50 e negli anni ’60 fondò la sua officina Toni Auto che divenne per 40 anni assistenza clienti ufficiale e che oggi si occupa di restauri di Ferrari d’epoca.
Al termine del servizio fotografico alla 250 LM, Franco Toni avvicinò Fabrizio Ferrari per mostrargli un suo progetto, la sua auto. Un telaio completo di sospensioni, tubolari e predisposto per la meccanica: v8 posteriore centrale, simile a quello della contemporanea 348.
Un piccolo capolavoro artigianale che sarebbe stata la supercar di Toni ma mancava completamente la carrozzeria. Non che mancassero le competenze intesi, ché a Modena i carrozzieri potrebbero insegnare al mondo intero, semplicemente nessuno ancora l’aveva disegnata.
Un’occasione d’oro per il giovane talento Fabrizio che tra il 1992 ed il 1993 lavorò impostando l’intero progetto della carrozzeria, proponendo alternative di stile e ridisegnando l’intero telaio, integrandolo con la carrozzeria, i rollbar e la meccanica.
Nel marzo del 1993, al carrozziere scelto per completare l’opera Fabrizio Ferrari consegnò l’intero piano di forma (proiezioni ortogonali+sezioni caratteristiche), del complessivo di carrozzeria, realizzato manualmente in scala reale (1:1).
Un progetto totalmente artigianale però oltre ad un anno di lavoro su disegni e bozzetti fatti a mano (siamo nei primi anni ’90 non dimentichiamocelo) presuppone anche una ricerca sul mercato di parti già omologate; il parabrezza della Testarossa, i gruppi ottici anteriori della 512 BB, e quelli posteriori erano gli stessi della 348, ritornando al particolare che da subito si era reso riconoscibile ed aveva suscitato la curiosità in mezzo mondo.
La fase successiva al progetto fu la costruzione, interamente artigianale e a mano, creando direttamente il “manichein” (il Mock-up in modenese) in tondino di ferro in modo da renderizzare sia gli ingombri dell’auto in grandezza naturale, sia eventuali interferenze della carrozzeria con il rigore inflessibile della meccanica.
Sulla struttura in tondino di ferro si sarebbero poi appoggiati i lamierati, sagomani e formati a mano, per la verifica finale. Oggi il processo è ovviamente fatto a computer attraverso i reticolo dei programmi per il disegno tridimensionale, all’epoca le cose erano un po’ diverse. Davvero un’altro modo di intendere l’auto, la scuola modenese; emozionante.
Il processo “sartoriale” di vestizione del telaio durò due anni, fino all’autunno del 1995 e durò tanto non perché mancassero i mezzi ma per la ricerca della perfezione che ti fa studiare e rivedere ogni piccolo particolare che l’amore di un appassionato porta ad avere quando l’assenza di scadenze lo permette, come fosse una ricerca della felicità.
Il risultato fu per l’epoca forse un po’ troppo “prematuro” proponendo un posteriore massiccio che forse non convinse totalmente Toni, né la Ferrari dell’epoca che passò dalla 348 alla 355.
Poi però arrivò la 360 Modena e gli stilemi cambiarono, rendendo questa Toni Auto GT project non poi tanto distante da quello che fu l’allora “nuovo corso stilistico” di Maranello.
A noi come sempre piacciono le cose rare e particolari e questa bella GT modenese non fa eccezione. Anello di congiunzione tra gli anni ’80 della Testarossa e gli anni’90 della 360 ma soprattutto una storia di passione e di coraggio; un mettersi in gioco per qualcosa in cui si crede che davvero oggi ha il sapore romantico delle cose perdute e per questo merita di essere conosciuto.
Una bellissima Storia che ci ha spinto a contattare l’autore Fabrizio che gentilmente si è prestato a soddisfare le nostre curiosità:
PP: Ing. Ferrari, ci vuole raccontare qualche aneddoto inedito sulla genesi di questa splendida granturismo?
Uno dei primi episodi legati al fantastico periodo in cui fui coinvolto nel progetto Toni Auto GT, fu quando Franco Toni, che era il “capo progetto”, nonché futuro proprietario dell’auto (il Sultano del Brunei non c’entra nulla è solo una supposizione dei giornalisti australiano e americano), dopo avermi “presentato” il suo progetto, cioè un telaio semi-abbozzato, con la predisposizione dei principali organi meccanici (di derivazione Ferrari di vari modelli, dalla 348 alla F.40), una volta che accettai entusiasta di occuparmi del “body” in senso lato (non solo design, ma anche la struttura portante e la disposizione del layout completo), volle a tutti i costi che mi rendessi conto di come la sua auto doveva viaggiare su strada!
Fu per questo che mi offrì di uscire in prova con il suo capomeccanico d’officina, con una Ferrari 308. Il percorso scelto fu da Maranello sino all’Abetone e ritorno: strade di montagna strette ed impervie, con una vettura che di controlli elettronici o aiuti alla guida … proprio non ne aveva … anzi: feci subito la conoscenza con il famoso cambio a selettori con la tipica griglia che, per funzionare correttamente, occorreva che l’olio fosse caldo, altrimenti s’impuntava ed era davvero difficile da manovrare correttamente.
Fu un’esperienza fantastica: malgrado tutti i comandi così “rudi” e diretti, non solo il cambio, ma pure la frizione, lo sterzo, ecc.
Ma la 308, una volta scaldata a dovere e … “fatta la mano” era davvero un piacere da guidare su quelle stradine impervie: sembrava davvero nata per questo. Mi stupii persino di come, dopo non molti chilometri, riuscivo ad utilizzarla in scioltezza, pur non avendo alcuna esperienza in merito prima di allora, se si escludono le precedenti esperienze fatte con le mie due Alfetta GT 1.8 e GTV 2.0L che mi ero restaurato da solo alcuni anni prima.
Mi resi così conto che per rendere un’auto divertente ed efficace, più che l’elettronica, che già allora iniziava ad affacciarsi (ABS, ESP, ecc.) occorre prima di tutto un buon progetto: ottima distribuzione dei pesi e bilanciamento, comandi diretti ma efficaci e ben studiati e voilà, il gioco è fatto! Una esperienza che non dimenticherò mai, al punto che non volevo più tornare in officina!
PP: In fase progettuale, quali sono state le difficoltà? Com’è stata tecnicamente l’avventura dal foglio bianco?
Riguardo al progetto vero e proprio, ricordo che dopo aver rilevato tutte le misure del telaio già realizzato, immaginata la carrozzeria e quindi anche la relativa parte superiore del telaio (centine, montanti e roll-bar vari – telaio tubolare che poi avrei disegnato in toto), mi resi subito conto di due cose: il passo molto corto 2,40 metri in tutto, che la rendeva molto agile e compatta, ma per questo anche non facile realizzare una linea filante e slanciata come desideravo. In più, ricordo la scelta di Toni di posizionare il radiatore anteriore e soprattutto di usarne uno di ragguardevoli dimensioni, non ricordo più da che auto, e ancora lo avrebbe voluto posizionare quasi verticale!!!
Non potevo accettare una cosa di questo genere per due ragioni: 1) il muso della vetture sarebbe risultato incredibilmente alto e 2) di conseguenza, aerodinamica e design della stessa ne avrebbero certo risentito negativamente. Ma Toni era il “capo” e il padrone al tempo stesso … così, dall’alto della sua esperienza ed anche perché era lui a pagare, decise che quel radiatore era giusto per la meccanica che lui aveva preparato per il prototipo (un V8 di derivazione Ferrari, con quasi 400 CV) ed io, giovane designer in erba, avrei così dovuto dimostrare tutta la mia capacità di adattamento soprattutto la mia fantasia.
Fu così che modificai la parte anteriore del telaio per “sdraiare” il più possibile il radiatore, immaginando perciò anche uno sbalzo anteriore abbastanza lungo, in modo da creare una bocca ovale all’estremità del muso, basso al limite della prova del pendolo, da cui partiva un condotto che poi, dopo aver attraversato il radiatore, “sfociava” direttamente in due uscite sul cofano anteriore, creando, non solo una ideale estrazione dell’aria ma, come noto, anche un buon effetto di deportanza sull’anteriore della vettura stessa, la cui parte anteriore era così schiacciata a terra dall’effetto stesso di evacuazione dinamica dell’aria dal condotto.
PP: Come siete arrivati alla scelta del carrozzaio che avrebbe “vestito” materialmente l’auto?
Un altro retroscena che nessuno conosce, a parte i diretti interessati, è stata la vicenda che ci ha portato alla scelta del carrozzaio artigiano che avrebbe poi dovuto materialmente costruire la scocca. Io avevo inizialmente proposto a franco Toni la AutoSport di Bacchelli e Villa (oggi “Bacchelli e Villa”) a Bastiglia (MO): specializzata in modelli unici e ricostruzioni di ogni genere ed un tempo anche autorizzata ufficialmente dalla Ferrari (sue sono le costruzioni di auto come la Ferrari 512 BB LM, la 308 IMSA, oppure, tra gli altri, anche i prototipi di quella che poi è divenuta la F.40; oltre a tante altre realizzazioni successive, quando non erano più ufficiali Ferrari, come la De Tomaso Guarà, la B. Engineering Edonis o one-off come la Michalak Conciso). L’incontro fu interessante ed io già pregustavo una realizzazione con i fiocchi, quando invece, dopo alcuni giorni, Franco Toni mi comunicò che invece il carrozzaio che avrebbe realizzato il prototipo, era l’ex Fantuzzi, Franco Ferrari (un altro Ferrari …)
Non che Franco Ferrari fosse un cattivo artigiano, anzi … ma, purtroppo, a parte che la sua esperienza era soprattutto di restauri e ricostruzioni di auto storiche, il problema era che la sua forza lavoro era per forza limitata, avvalendosi solo di un collaboratore esterno, seppur esperto, l’amico Mauro Bertocchi e questa fu una delle ragioni anche del ritardo nell’esecuzione (quasi 2 anni). Tra l’altro, la mancanza di esperienza di costruzioni ex novo, Franco Ferrari me la dimostrò subito con una richiesta inaspettata: per guadagnare tempo ed organizzarsi al meglio per il “lavorone” che si era procurato, Franco Ferrari disse subito a Franco Toni, che le proiezioni ortogonali in cala 1:5 che avevo preparato, seppur molto particolareggiate e curate, non gli bastavano affatto per poter ealizzare con cura il lavoro assegnatogli! Infatti, pretese da Toni un piano di forma completo di tutte le principali sezioni, in scala 1:1, per poter iniziare i lavori di costruzione della carrozzeria!
Senza discutere, mi misi immediatamente all’opera, procurandomi i fogli adatti e lavorando direttamente sul muro più esteso (8 metri di lunghezza) della sala più grande della casa dei miei a Busseto (PR), giacché all’epoca, giovane designer, ancora non disponevo del tavolo da disegno adatto, che poi anni dopo mi regalarono gli amici Umberto Marchesi e Massimo Bonora della MARCHESI & C. e che tutt’ora conservo a Busseto nella stessa stanza.
Ricordo ancora benissimo come all’inizio, dopo aver posizionato il telaio sul piano di riscontro ed i disegni perpendicolarmente sulle pareti adiacenti dell’officina, Franco Ferrari fosse dubbioso sul come iniziare i lavori di impostazione del “manichein” o “filon” alla modenese: in pratica il traliccio di riferimento su cui poi provare i singoli pannelli che andranno a comporre la futura carrozzeria. Alla fine, dopo aver teso un filo longitudinalmente al centro del telaio, per delimitare la linea di mezzeria, fui io stesso ad indicare a Franco Ferrari. di modellare il tondino di ferro direttamente sulle sezioni trasversali del disegno in 1:1 (che erano rappresentate ribaltate a 90° sul fianco, per renderle visibili), per poi disporlo direttamente sul telaio, esattamente alla quota di riferimento, sul piano di riscontro, corrispettiva a quella del disegno … magicamente, man mano che i vari tondini di ferro modellati, venivano disposti sul telaio, prendeva visivamente forma il “manichein” che, ai miei occhi di designer, già vedevo come la carrozzeria del prototipo: UN VERO SOGNO AD OCCHI APERTI CHE SI REALIZZAVA!
PP: altri episodi significativi?
Di episodi significativi nei due anni di lenta costruzione ce ne furono tanti, tra cui pure alcune dispute su diversi particolari, che spesso, o per “praticità” dell’artigiano, o per un gusto particolare dello stesso Toni, che voleva sempre limitare le spese al massimo, finirono per rendere tutta una serie di dettagli dell’auto dall’aspetto talmente posticcio, al punto da comprometterne il risultato finale, almeno come io lo avevo invece immaginato! Un dettaglio per tutti la marcata curvatura verso il basso della linea di cintura della porta, che il carrozzaio temeva potesse inficiare il corretto movimento dei finestrini (e che invece io avevo studiato nei dettagli, tramite sezioni caratteristiche e pure particolari delle guide di scorrimento interne). Poi ancora le pinne posteriori, nate per sorreggere un’ala poi mai montata e che alla fine terminano così in modo un po’ innaturale … per non parlare poi del cofano motore (io avevo immaginato – vedi sketches – un policarbonato trasparente, come poi sulla 360 Modena, sia per motivi estetici che aereodinamici) o dei voletti posteriori laterali (finestrini ai lati delle pinne), lo scivolo estrattore che io, tra i primi all’epoca, avevo studiato insieme ad un fondo completamente carenato, totalmente disatteso, per finire con tanti dettagli anche sul muso (spoiler e prese d’aria) e sul cofano anteriore (le uscite d’aria del radiatore): tutti dettagli che resero il risultato finale certo molto “raffazzonato” e che mi dispiacquero assai!
Ma l’episodio più significativo, che mi comportò sin dall’inizio, il quasi completo rifacimenti delle proiezioni ortogonali in 1:1, fu invece una richiesta tardiva ed alquanto “strana” di Toni: pretendeva un metro di distanza esatto, dal pianale della vettura all’imperiale del tetto!!! Un completo cambio di direzione rispetto a quanto visto sinora sulle berlinette a motore centrale, tutte molto basse sull’ordine di poco più di un metro da terra (vedi appunto la 348 ed anche la successiva F.355, ma pure Testarossa, F.40, ecc.). Il problema principale era questo: va da sé che abitabilità, ergonomia, angoli di visibilità e quant’altro ne beneficiavano assai ma, su un passo di soli 2,40 (Nella 360 Modena che fu la prima “Rossa” con un abitacolo di tali dimensioni in altezza, il passo è di 2,65), il rischio di avere quasi un … “monovolume” (tozza e goffa) si faceva più che concreto! La soluzione fu proprio il posteriore alto e aerodinamico che, già era presente sin dai primi sketches, ma che ora diveniva l’elemento principale per costruire un insieme dinamico ed al tempo stesso armonico, quanto a volumi!
PP:WOW!
Infine, un particolare mai raccontato a nessuno: ad un certo punto Franco Toni divenne così orgoglioso della sua costruzione, da confidarmi il proposito di voler creare una piccola azienda per costruire la speciale in serie limitata e fu così che mi domandò di disegnarne anche una versione spider!!! Versione spider che io mi precipitai subito ad abbozzare, inserendo al posteriore quegli elementi caratteristici, le doppie gobbe che poi, casualmente, si videro per la prima volta sulla stessa 360 Modena spider, molti anni dopo, per la prima volta su una “Rossa” spider mid-engine stradale e che, come tutti sappiamo, sono da anni parte caratteristica dello stesso stile di questo genere di Ferrari! Disegnai pure l’interno ed un cruscotto che, purtroppo, nella confusione della parte finale della vicenda, non furono poi minimamente presi in considerazione, in quanto Toni preferì montare, semplicemente per l’interno, parti riprese da altre vetture per mere ragioni economiche!
PP: che peccato per gli interni! Grazie per la chicca inedita! Come è finita poi la storia?
Dopo che io mi ero prodigato in mille modi (dopo che Franco Toni mi aveva fatto la proposta della piccola serie e pure del successivo Spider), procurando da una parte parti nuove da fornitori compiacenti, come l’Antera che ci donò 4 cerchi in lega speciali a nostra scelta e gommati (ricordo ancona l’incontro con il titolare, Sig. Muzzarelli, giunto a Maranello appositamente da Milano con i le ruote scelte), oppure l’organizzazione della “prima” ufficiale del prototipo, prevista al Motorshow di Bologna del 1995, nello stand del mensile automobilistico AM (all’epoca ancora della Mondadori). Sino a che, un brutto giorno del settembre 1995, entrando in officina a Maranello, ebbi la “doccia fredda”: fu lo stesso figlio di Franco, Silvano Toni che, apostrofandomi, mi annunciò che non se ne faceva più nulla, che la vettura non sarebbe mai stata presentata e che suo padre di denaro da spendere in quell’avventura, ne aveva già messo abbastanza!
Provai almeno a cercare di capire le motivazioni di questo improvviso e incredibile cambio di rotta, ma fui accusato di aver spinto sin troppo la cosa e che l’attività dei Toni riguardava ormai solo il restauro delle Ferrari d’epoca, mentre questo “giochino” avrebbe solo rischiato di compromettere i loro rapporti con la Ferrari stessa (nel caso ci fosse stata una produzione in serie limitata, chiaro …) Provai così per la prima volta, cosa significasse “averci messo la faccia” (con l’Antera, con AM, ecc.) e soprattutto, a nulla valsero le scuse nei miei confronti di Franco Toni (il quale non poteva certo essere soddisfatto di una simile decisione), ma il figlio Silvano si dimostrò assolutamente irremovibile!
E così, mentre io venivo poi chiamato, tramite un’agenzia esterna, a fare il docente di “Disegno di Carrozzeria” all’IPSIA Ferrari di Maranello, il prototipo, mai veramente completato, ritornò nell’oscuro capannone dove Franco mi mostrò alcuni anni prima il telaio, per piombare così in un oblio che ormai dura da circa 25 anni!
Salvo un incontro fortuito, diversi anni dopo (2008), quando la ritrovai casualmente dal verniciatore, ancora incompleta e con purtroppo molte parti posticce o mal adattate, che non le rendevano giustizia (l’interno poi, era davvero inguardabile, a mio avviso).
Un vero peccato. a nostro avviso un’auto che avrebbe meritato davvero uno spazio nella Storia e che sarebbe ancora oggi un piacere per gli occhi veder girare per le strade del nostro splendido paese.
Noi non finiremo mai di ringraziare l’Ingegner Ferrari per l’enorme disponibilità e fiducia nel raccontare una storia, anzi, una Storia, così bella ed emozionante ad una startup piccola come Piedi Pesanti. L’ingegnere lascia trasparire una passione contagiosa che mette di buon umore noi appassionati di auto e, qualora ve ne fosse ancora bisogno, ci ricorda ancora una volta di quanta competenza, capacità e genialità il nostro paese sia capace.